Dopo tanta attesa è stata (finalmente) pubblicata la sentenza delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione (n.32559/2023) sul ricorso promosso dal SIB, ASSONAT e Regione Abruzzo avverso la ormai nota sentenza n. 18/2021 del CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Plenaria, depositata il 09/11/2021.
La Suprema Corte con una pregevole (e condivisibile) argomentazione giuridica ha ritenuto fondate le censure mosse dai ricorrenti (sostenute anche dal Procuratore Generale) alla sentenza impugnata, afferenti alla loro estromissione nel corso del giudizio innanzi al Consiglio di Stato.
A detta dei Giudici, nel caso di specie, vi è stato “un diniego in astratto della tutela giurisdizionale connessa al rango dell’interesse sostanziale (legittimo) fatto valere dagli enti ricorrenti, con l’effetto di degradarlo a interesse di mero fatto non giustiziabile”. Per l’effetto “La sentenza impugnata, di conseguenza, è affetta dal vizio di eccesso di potere denunciato sotto il profilo dell’arretramento della giurisdizione rispetto ad una materia devoluta alla cognizione giurisdizionale del giudice amministrativo.”
Altro passaggio che merita sicuramente attenzione è il seguente “Non può essere accolta la richiesta di enunciare, ai sensi dell’articolo 363 cod. proc. civ., i principi di diritto nell’interesse della legge sulle questioni trattate nei restanti motivi assorbiti, sulle quali spetterà al Consiglio di Stato pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti”
Dato che la decisione della Suprema Corte è avvenuta per meri motivi procedurali, senza entrare nel merito della legittimità delle proroghe, ora non resta che attendere di vedere come sia il Giudice Amministrativo, che il Governo, decidano di affrontare l’annosa questione.
Il tutto, anche alla luce del recente parere con il quale la Commissione Europea ha ritenuto che l’Italia abbia infranto gli obblighi stabiliti dall’articolo 12 della direttiva sui servizi e dall’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) riguardo alle proroghe delle concessioni balneari, concedendo al nostro Stato due mesi di tempo per adottare le misure necessarie al fine di conformarsi alle indicazioni impartite.
Nel frattempo la scadenza del 31 dicembre 2023 si avvicina. Con buona pace per tutti i 645 Comuni costieri del nostro Paese che ad oggi, 24 novembre 2023, non sanno ancora “che pesci prendere”.