IN EVIDENZA
TAR LAZIO, SEZ. III stralcio, sentenza 29 gennaio 2024 n. 1593 –Energy– Sull’autonomia della fase di ammissione agli incentivi per la produzione di energia elettrica rispetto alla fase di verifica dei presupposti– Con la sentenza in commento, il TAR Lazio, accogliendo l’impostazione del GSE, ha precisato come il provvedimento originario con cui il Gestore assegna gli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti alternative non ha alcuna portata preclusiva rispetto ad ulteriori e successivi interventi dello stesso GSE.
Ciò in quanto la fase di ammissione agli incentivi è distinta da quella successiva di verifica dei presupposti per la loro definitiva erogazione, tanto che le valutazioni effettuate nell’ambito della prima fase non sono vincolanti, specie laddove l’intervento del GSE sia soltanto di rimodulazione della tariffa e non di tipo decadenziale rispetto ai benefici corrisposti sino a quel momento. In conclusione, il TAR ha affermato come non sussista alcun legittimo affidamento in capo al privato al mantenimento degli incentivi stessi, qualora gli accertamenti svolti dal Gestore abbiano rilievo dirimente in senso opposto.
(Giudizio seguito dallo Studio AOR per conto del GSE)
TAR LAZIO, SEZ. III stralcio, sentenza 25 gennaio 2024 n. 1488 – Energy – Sulla natura non perentoria dei termini per la conclusione dei procedimenti di verifica del GSE e sul principio dell’autoresponsabilità del richiedente – Con la sentenza in commento, i giudici del TAR Lazio hanno ribadito il principio pacifico in giurisprudenza per cui i termini per la conclusione dei procedimenti di verifica avviati dal Gestore dei Servizi Energetici devono considerarsi non perentori; la loro natura è, infatti, meramente acceleratoria.
Sotto altro profilo, il TAR ha rammentato come, in virtù del principio di autoresponsabilità vigente in materia, l’onere probatorio sull’effettiva integrazione dei presupposti richiesti per accedere ai benefici per le energie rinnovabili incombe sul richiedente, ricadendo sullo stesso eventuali carenze che incidano sul perfezionamento della fattispecie agevolativa.
(Giudizio seguito dallo Studio AOR per conto del GSE)
TAR TOSCANA, SEZ. II, sentenza 16 gennaio 2024 n. 68 – Appalti pubblici – Sul giudizio di anomalia dell’offerta– I giudici toscani, accogliendo le argomentazioni prospettate dalla controinteressata, hanno rigettato il ricorso nel complesso volto a contestare la sostenibilità dell’offerta economica dell’aggiudicatario ed hanno in questa sede ribadito i principi oramai consolidati nella giurisprudenza amministrativa secondo cui:
– nelle gare pubbliche il giudizio di verifica dell’anomalia dell’offerta ha natura globale e sintetica, insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità, irragionevolezza;
– il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica;
– i valori indicati nelle relative Tabelle Ministeriali sono utilizzabili dalla stazione appaltante come indici valutativi dell’adeguatezza economica dell’offerta e sono privi di inderogabile vincolatività;
– la motivazione del giudizio di anomalia non deve essere specifica ed estesa, potendo essere effettuata anche mediante rinvio per relationem alle risultanze procedimentali e alle giustificazioni fornite dall’impresa.
(Giudizio seguito dallo Studio AOR per conto della controinteressata aggiudicataria)
APPALTI PUBBLICI
TAR TOSCANA, SEZ. IV, sentenza 29 gennaio 2024 n. 120 –Appalti pubblici– Sulla assoggettabilità a ribasso dei costi della manodopera anche nel Nuovo Codice – In tale occasione il TAR ha confermato che anche a mente dell’art. 41 comma 14 del nuovo codice dei contratti pubblici i costi della manodopera devono ritenersi assoggettabili a ribasso.
Secondo i giudici, infatti, se il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta.
In aggiunta, il TAR afferma che l’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in virtù della quale, invece, l’operatore economico deve avere la facoltà di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante nella disciplina di gara, slavo il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili.
TAR CALABRIA SEZ. I, sentenza 29 gennaio 2024 n. 134 –Appalti pubblici– Sui criteri per aggiudicare l’appalto in caso di parità delle offerte- È legittima la scelta dell’Amministrazione di prevedere, nel caso di parità tra le offerte, l’aggiudicazione a favore del concorrente che abbia presentato per primo l’offerta sul MEPA, come stabilito nella legge di gara.
Infatti, secondo il Collegio giudicante, il criterio del c.d. ‘rilancio dell’offerta’ deve essere circoscritto ai casi in cui vi sia un ex aequo del prezzo offerto, nelle gare al massimo ribasso, dovendosene escludere l’applicazione nelle gare il cui criterio per l’affidamento sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. II, 23 gennaio 2024 n. 325 –Appalti pubblici– Sull’offerta in cifre e lettere anziché in ribasso percentuale– È legittima l’esclusione da una procedura di gara laddove, in violazione delle disposizioni della lex specialis, il concorrente non abbia indicato il valore in euro dell’offerta ma soltanto il ribasso percentuale offerto.
Nel caso in esame, tuttavia, non viene in rilievo una causa di esclusione dalla procedura, ma un’ipotesi di non corretta formulazione dell’offerta in rapporto al contenuto dell’invito ad offrire, posto che l’offerta deve ovviamente conformarsi a quanto richiesto dalla stazione appaltante.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, sentenza 23 gennaio 2024, n. 742 –Appalti pubblici– Sulle modalità per ricorrere alla cooptazione– Con la pronuncia in commento, i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che l’operatore economico che voglia utilizzare l’istituto della cooptazione deve necessariamente produrre una dichiarazione espressa e inequivoca della suddetta volontà.
Alla luce del carattere eccezionale e derogatorio dell’istituto in parola, la dichiarazione espressa del concorrente è volta ad evitare un uso improprio della cooptazione, tale da eludere la disciplina inderogabile in tema di qualificazione e di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica.
TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. IV, sentenza 22 gennaio 2024 n. 289-Appalti pubblici– Sui limiti di applicabilità del principio di equivalenza- Il giudizio di equivalenza funzionale non può trovare applicazione se il prodotto offerto in gara dall’operatore economico è pacificamente difforme rispetto a quello descritto dalla lex specialis.
È infatti principio consolidato quello per il quale la Commissione non può mai ammettere alla gara offerte che presentano soluzioni tecniche che non rispettano i requisiti minimi e i caratteri essenziali richiesti dalla lex specialis.
Il TAR conclude chiarendo che in nessun caso l’applicazione del principio di equivalenza può condurre ad una disapplicazione del bando di gara, violando così il principio dell’affidamento e della par condicio tra gli offerenti.
TAR LAZIO, SEZ. V, sentenza 19 gennaio 2024 n. 928 – Appalti pubblici – Sulla revoca dell’aggiudicazione conseguente al rifiuto di stipulare il contratto– È legittima la revoca dell’aggiudicazione di un appalto motivata sul fatto che l’operatore economico aggiudicatario si sia rifiutato di stipulare il contratto di appalto, anche qualora sia scaduto il termine per la sottoscrizione.
Infatti, a prescindere dall’imputazione della mancata conclusione del contratto all’una o all’altra parte contrattuale, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che negli appalti pubblici non è precluso all’amministrazione di revocare l’aggiudicazione in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, valutazione rimessa all’ampia discrezionalità amministrativa.
ENTI LOCALI
TAR UMBRIA, SEZ. I, sentenza 16 gennaio 2024 n. 12 -Enti locali- –Sulle ordinanze contingibili ed urgenti per la rimozione di cemento-amianto- In tale occasione è stato ribadito che la potenzialità di un pericolo grave per l’incolumità pubblica è sufficiente a giustificare il ricorso all’ordinanza contingibile ed urgente, anche qualora essa sia nota da tempo o si protragga per un periodo senza cagionare il fatto temuto. Nel caso di specie, dunque, i giudici hanno ritenuto legittima un’ordinanza contingibile con la quale è stata intimata l’immediata bonifica, rimozione e smaltimento delle coperture di fabbricati contenenti amianto, nonostante la presenza dell’amianto fosse nota da tempo. Infatti, secondo costante giurisprudenza, la sorveglianza sui manufatti in amianto va svolta di continuo, non potendosi mai escludere del tutto che nel corso del tempo i fenomeni atmosferici e naturali rendano pericolosi per la salute pubblica manufatti che fino a quel momento potevano definirsi sicuri.
EDILIZIA & URBANISTICA
TAR LOMBARDIA, SEZ. II, sentenza 30 gennaio 2024 n. 229 -Edilizia&Urbanistica- Sulla illegittimità della recinzione realizzata nella fascia di rispetto- Con la pronuncia in commento, i giudici del TAR hanno chiarito che anche le recinzioni sono soggette al rispetto del vincolo stradale, indipendentemente dal fatto che siano finalizzate all’esercizio dello jus escludendi alios o meno. Deve dunque ritenersi legittima un’ordinanza che ha imposto la rimozione della recinzione realizzata al limite del ciglio stradale nella fascia di rispetto stradale inedificabile, in violazione del regolamento edilizio comunale relativamente al rispetto della distanza dalla strada comunale.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, sentenza 16 gennaio 2024 n. 529 -Edilizia&Urbanistica –Sull’ordine di demolizione divenuto inoppugnabile a seguito di acquiescenza del provvedimento di rigetto del condono – Con la pronuncia in commento, i giudici di Palazzo Spada hanno rammentato che deve ritenersi inammissibile l’impugnazione giurisdizionale di un provvedimento amministrativo che rimetta in discussione la legittimità del provvedimento definitivo presupposto, divenuto inoppugnabile.
In applicazione di tale principio, è stata dichiarata irricevibile la domanda di annullamento dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, atteso che quest’ultimo rinveniva il suo presupposto nel provvedimento di diniego di condono, divenuto definitivo.
In buona sostanza, il soggetto che ha prestato acquiescenza al rigetto dell’istanza di sanatoria di opera da lui abusivamente realizzata decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell’ordine di demolizione, che trova in detto diniego il suo presupposto.