IN EVIDENZA
Tar Lazio, Roma, Sez. II bis – sentenza del 4 novembre 2019 n.12614 – Appalti – Sul principio di rotazione – Nella sentenza in rassegna i Giudici capitolini hanno fornito un’utile definizione del concetto di “gestore uscente” del servizio, limitandone la portata applicativa. Invero, nel caso esaminato la stazione appaltante aveva disposto l’esclusione del concorrente che in precedenza si era visto affidare per ragioni di urgenza e per un tempo limitato il medsimo servizio oggetto della procedura in corso di svolgimento. A detta del Tar in simili casi non può essere impedito all’operatore economico che ha beneficiato di un affidamento interinale e provvisorio di prendere parte al nuovo affidamento. Infatti, il principio di rotazione è volto ad evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, rendita che non può essere individuata nel caso di affidamenti temporanei ed emergenziali.
(Giudizio seguito dallo Studio AOR Avvocati per conto della ricorrente)
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CIVILE E CONTABILE
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 12 novembre 2019 n. 7749 – Appalti – Sull’omessa dichiarazione nel DGUE di tutte le condanne penali riportate – I Giudici di Palazzo Spada, hanno stabilito che comporta esclusione, l’omessa dichiarazione nel DGUE delle condanne penali riportate dall’operatore economico, per mancanza del requisito della moralità professionale, perché rappresenta per la stazione appaltante un serio impedimento per vagliarne la gravità.
Nel caso di specie la stazione appaltante, all’esito dei riscontri istruttori, ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione ad un RTI, perché ritenuto inaffidabile in ragione della mancata dichiarazione di un precedente penale in capo alla mandataria.
Invero, è ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, l’individuazione di condotte idonee ad incidere sulla moralità professionale, oggetto di condanna penale, non può essere rimessa all’autonoma valutazione del dichiarante, ma è compito della stazione appaltante, valutare la concreta incidenza della singola condanna sulla complessiva moralità professionale dell’interessato.
È cioè necessario rendere edotta la stazione appaltante di tutti i precedenti, come dimostrazione di lealtà e trasparenza dell’operatore economico, per lo svolgimento dell’ attività professionale.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 13 novembre 2019 n. 7805 – Appalti – Sul dovere di specificare la suddivisione delle attività in caso di RTI – I Giudici di Palazzo Spada nell’articolata sentenza in rassegna hanno stabilito che, non comporta esclusione la mancata indicazione nell’offerta, di chi – tra i componenti di un raggruppamento – deve eseguire la prestazione. Secondo il Consiglio di Stato è sufficiente che l’RTI nel suo complesso possieda il requisito di qualificazione richiesto (è sufficiente che almeno uno degli operatori dell’RTI possegga tale requisito), senza che sia necessario specificare quale impresa si occuperà della singola prestazione. Il tutto ovviamente prende le mosse da una legge di gara che non prevedeva peculiari oneri dichiarativi in merito.
Consiglio di Stato, Sez.V – sentenza del 15 novembre 2019 n. 7846 – Appalti – Sull’iscrizione alla Camera di Commercio quale requisito di idoneità professionale – Con la sentenza in rassegna i Giudici di Palazzo Spada hanno ribadito, conformemente alla più recente giurisprudenza, che l’iscrizione camerale è assurta a requisito di idoneità professionale, anteposto ai più specifici requisiti attestanti la capacità tecnico professionale ed economico-finanziaria. La sua utilità sostanziale è infatti quella di filtrare l’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico. Pertanto, quando il bando richiede il possesso di una determinata iscrizione nel certificato camerale, quest’ultima va intesa in senso strumentale e funzionale all’accertamento del possesso effettivo del requisito soggettivo di esperienza e fatturato, costituente il requisito di interesse sostanziale della stazione appaltante.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 12 novembre 2019 n. 7752 – Servizi interesse generale & Organismi partecipati – Sull’ illegittimità dell’affidamento in house providing – Il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittimo l’affidamento diretto con cui il Comune aveva affidato ad una società in house, da esso partecipata insieme ad altri comuni, il servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani, per mancanza dei requisiti.
Nel caso di specie, il Supremo Consesso ha ritenuto mancanti due requisiti necessari per configurare l’affidamento del servizio in house: il requisito del c.d. controllo analogo, cioè di un controllo che l’ente locale esercita sulla società, speculare a quello esercitato sui propri servizi; ed il requisito della soglia massima di fatturato che la società partecipata deve vantare nei confronti dei propri soci pubblici (che è pari all’80% del proprio fatturato).
Tar Campania, Salerno, Sez. I – sentenza del 6 novembre 2019 n. 1911 – Appalti – Sull’inattendibilità dell’offerta in perdita – Nella sentenza in rassegna, il Collegio ha stabilito che l’offerta in perdita rende inattendibile l’offerta.
Infatti, se è vero che non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, è altrettanto vero che la formulazione dell’offerta in perdita, ovvero, un utile pari a zero, rendono inattendibile l’offerta.
Invero, in occasione della verifica della congruità dell’offerta, è consentita una limitata modificazione all’originaria proposta contrattuale, che non può infatti essere mutata nella sostanza, tale che venga alterata la sua logica complessiva, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti. Ciò nondimeno, avendo la verifica di anomalia la finalità di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso e nel suo importo originario, affidabile o meno, il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi circa l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme.
Conseguentemente, è ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’operatore possa intervenire riducendo l’utile esposto, a condizione che tale voce non risulti del tutto azzerata, lasciando quindi che l’offerta rimanga nel complesso attendibile.
Tar Abruzzo, Pescara, Sez. I – sentenza del 12 novembre 2019 n. 271 – Appalti – Sul diritto di accesso agli atti c.d. defensionale – Nella sentenza in rassegna i Giudici abruzzesi, adeguandosi ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, hanno ritenuto illegittimo il silenzio rifiuto del Comune, formatosi sull’istanza di un operatore economico. Invero, l’interesse posto alla base della richiesta di accesso, di prendere visione ed estrarre copia degli atti e provvedimenti adottati dal Comune, riguardo alle gare indette per il periodo 2015-2019, risiede nella circostanza che l’operatore economico, pur essendo iscritto nell’Elenco degli Operatori Edili tenuto dalla Regione, da più di cinque anni, non è stato mai destinatario di affidamenti in suo favore. Specificatamente, l’istanza è preordinata ad una verifica circa il legittimo operato del Comune, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica.
Ebbene, tale istanza, è stata negata per la asserita natura generica della richiesta, che avrebbe imposto un’attività straordinaria all’Amministrazione. Tuttavia, l’interesse concreto ed attuale dell’operatore, collegato a documenti, peraltro, non coperti da alcun segreto e/o riservatezza e non incidenti sulla sfera giuridica di altri operatori del settore, non pone alcun dubbio circa l’illegittimità del rifiuto del Comune.
Tar Lazio, Roma, Sez. II – sentenza del 15 novembre 2019 n. 13116 – Appalti – Sul diniego di accesso per riservatezza. – Il Collegio, ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso opposto dalla P.A., per due ordini di motivi.
Un primo motivo legato al fatto che, la tutela della riservatezza nei confronti dell’operatore economico risultato definitivamente affidatario del servizio, è evidentemente recessiva rispetto alla finalità difensiva della richiesta ostensione
Un secondo motivo, nel quale il Collegio ha stabilito che non osta all’accessibilità della documentazione richiesta, la già avvenuta pubblicazione degli atti inerenti l’affidamento di appalto, considerato altresì che non tutti gli atti accessibili sono sempre oggetto di compiuta pubblicazione.
Tar Lombardia, Milano, Sez. I – sentenza del 15 novembre 2019 n. 2421 – Appalti – Sull’omessa dichiarazione circa i gravi illeciti professionali – Con la sentenza in esame il Collegio milanese tenta di circoscrivere l’effettiva latitudine dell’obbligo dichiarativo in capo al concorrente, ribaltando il principio giurisprudenziale consolidatosi nel tempo secondo cui gli operatori economici devono dichiarare ogni episodio della loro vita professionale idoneo a valutare l’integrità professionale degli stessi da parte della S.A.
E lo fa legando indissolubilmente il limite temporale di cui all’art. 80, comma 10 alla potestà discrezionale di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c).
Diversamente considerando, il TAR meneghino ritiene contrastante con il principio di proporzionalità una esclusione che trovi fondamento in un provvedimento sanzionatorio in danno dell’impresa adottato più di tre anni prima della pubblicazione del bando di gara.
Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I –sentenza del 15 novembre 2019 n. 886 – Appalti – Sul calcolo della soglia di anomalia – Nella sentenza in rassegna il Collegio ha ritenuto condivisibile la scelta operata dalla stazione appaltante di non avvalersi del criterio del c.d. “blocco unitario”.
Invero, il c.d. “blocco unitario”, viene applicato quando, nel calcolo della soglia di anomalia delle offerte, vengono considerate come unica, le offerte aventi identico ribasso percentuale.
Ebbene, la Commissione di gara, nel caso di specie, ha escluso l’offerta calcolata quale anormalmente bassa. Tale scelta, condivisa dal Collegio bolognese, trova concreto supporto normativo nella nuova disciplina sulle offerte anomale, imperniata sul diverso sistema delle Linee Guida ANAC, non vincolanti, nonché sulla specifica motivazione nella lex specialis di gara. Ciò al fine di evitare eventuali manovre anticoncorrenziali.
Tar Liguria, Genova, Sez. II – sentenza del 6 novembre 2019 n. 845 – Servizi interesse generale & Organismi partecipati – organismi partecipati e affidamenti in house – Sull’organo competente a disporre un affidamento in house – I Giudici genovesi hanno stabilito che è competente a revocare l’affidamento del servizio rifiuti, la Provincia e non il Comune.
Nel caso di specie, il Comune ha revocato l’affidamento in house del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti. Tuttavia, la competenza sulla scelta del gestore e dunque anche sulla revoca del medesimo, non sussiste in capo al Comune, bensì alla Provincia. Ne discende l’illegittimità della deliberazione del Comune, per incompetenza dello stesso Comune a provvedere sull’affidamento della gestione del servizio rifiuti in ambito comunale, in virtù di una modifica legislativa, che demanda l’esercizio circa l’affidamento del servizio rifiuti, alle Province.
Viepiù, la Provincia aveva già specificamente esercitato tale competenza con la deliberazione del consiglio provinciale di approvazione dell’aggiornamento al piano d’area per la gestione integrata dei rifiuti urbani della provincia, laddove, con specifico riferimento al Comune, aveva indicato la società quale gestore del servizio in forza di affidamento in house ancora valido ed efficace.
Tar Marche, Ancona, Sez. I – sentenza del 11 novembre 2019 n. 695 – Servizi interesse generale & Organismi partecipati – Sui presupposti per il controllo pubblico – Il Collegio marchigiano ha stabilito che nelle società a partecipazione pubblica, il mero dato della maggioranza in assemblea e all’interno del consiglio di amministrazione, non è sufficiente per affermare un controllo da parte dei soci pubblici.
Invero, sebbene, come nel caso di specie, la maggioranza di azionisti e di consiglieri nel consiglio di amministrazione è pubblica, tali dati non sono sufficienti a configurare una società a controllo pubblico. Lo status di società a controllo pubblico, lo si acquisisce tramite partecipazioni azionarie in grado di influire sulle decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale.
L’effettivo controllo sull’attività societaria, non può essere ipotizzato attraverso una mera previsione statutaria di comitati consultivi tra i soci pubblici, ma va fatta una verifica delle disposizioni statutarie e dei patti parasociali. Da tale verifica si evince in che termini le pubbliche amministrazioni che detengono partecipazioni azionarie, sono in grado di influire sulle decisioni dell’attività, tale che si possa desumere un effettivo controllo pubblico.
Tar Lombardia, Milano, Sez. IV – sentenza del 12 novembre 2019 n. 2375 – Edilizia&Urbanistica – Sui presupposti e sull’applicazione del canone non ricognitorio – Nella sentenza in rassegna, i Giudici milanesi hanno stabilito che l’assoggettamento al canone non ricognitorio, presuppone un’occupazione o un uso della strada che ne pregiudichi in tutto o in parte l’uso pubblico.
Partendo da tale assunto, il Tar lombardo ritiene illegittima l’imposizione del canone qualora la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non riduce affatto la pubblica fruizione della sede stradale.
Trattasi, nello specifico, della realizzazione e posa di cavi e tubi interrati per la realizzazione di un’infrastruttura a rete, rispetto alla quale il canone in questione può essere legittimamente richiesto solo rispetto all’intervallo di tempo durante il quale le lavorazioni stesse sottraggono la risorsa viaria all’uso da parte della collettività; ogni conseguente calcolo generalizzato basato su tariffe unitarie deve intendersi contrario a tali principi.