IN EVIDENZA
Consiglio di Stato, sez. III – sentenza del 19 maggio 2020 n. 3190 – Appalti – Sulla non applicabilità della ultrattività della polizza fideiussoria – Con la sentenza in commento i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto di non applicare al caso di specie la cd. ultrattività della polizza fideiussoria. Invero, la disciplina normativa prevista per la conferma dell’offerta non può essere automaticamente estesa al rinnovo della cauzione, tenuto conto della circostanza che nel caso della garanzia il rapporto che si instaura non si riferisce alla sola stazione appaltante e al concorrente, ma comprende anche il soggetto terzo che presta la garanzia, a seguito della stipulazione del contratto di fideiussione. Ne consegue che, mentre per l’offerta può valere il principio dell’ultrattività, nel caso della fideiussione è necessario che il terzo garante disponga il rinnovo della garanzia a seguito di formale richiesta da parte della stazione appaltante.
(Giudizio seguito dallo Studio AOR Avvocati).
Consiglio di Stato, Sez. III – sentenza del 20 maggio 2020 n. 3204 – Servizi di interesse economico generale – Farmacia comunale – Sui limiti di sindacabilità delle scelte di dislocazione della sede farmaceutica – Con la sentenza in rassegna il Massimo Consesso ha stabilito che rientra tra i poteri discrezionali dei Comuni l’individuazione delle zone in cui collocare le farmacie.
Una tale scelta risponde all’esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio corrispondente agli effettivi bisogni della collettività.
I Comuni sono in grado di individuare i suddetti bisogni – diversi a seconda del numero dei residenti – e che sono: necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, nonché valutazioni di situazioni ambientali, topografiche, di viabilità e di distanze tra le diverse farmacie.
Soltanto in presenza di chiare ed univoche figure sintomatiche di eccesso di potere, in particolare sotto il profilo dell’illogicità manifesta e della contraddittorietà, tali valutazioni discrezionali dell’Ente possono essere dichiarate illegittime.
(Giudizio seguito dallo Studio AOR Avvocati).
APPALTI PUBBLICI
Consiglio di Stato, Sez. II – sentenza del 25 maggio 2020 n. 3269 – Appalti – Sulla riconoscibilità del risarcimento del danno da ritardo – Interessante pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada che hanno stabilito che deve ritenersi ammessa la risarcibilità del danno cd. da ritardo, cagionato dalla p.a., per violazione dei termini di conclusione del procedimento.
Invero, la violazione dei termini procedimentali (c.d. danno da ritardo) inteso alla stregua di un interesse pretensivo al conseguimento di un “bene della vita”, la cui condotta inerte o tardiva della p.a. nel suo conseguimento ne ha causato un pregiudizio (patrimoniale o non patrimoniale) nella sfera giuridica del privato.
Con la conseguenza che dall’ingiustificata o illegittima inerzia della p.a., scaturisce una grave violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede.
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana – sentenza del 22 maggio 2020 n. 306 – Appalti – Sulla domanda di partecipazione alla gara quale requisito di legittimazione processuale – Con la sentenza in rassegna i Giudici siciliani hanno stabilito che la domanda di partecipazione alla gara di appalto deve considerarsi in via generale quale requisito di legittimazione processuale.
Invero, soltanto l’operatore economico che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnare l’esito della medesima, potendo dimostrare di avere un interesse all’aggiudicazione dell’appalto o di subire un danno a causa dell’asserita illegittimità della decisione di aggiudicazione di detto appalto. Da ciò ne consegue che a tale soggetto è riconoscibile una posizione differenziata.
Viceversa, coloro i quali non hanno presentato un’offerta, difficilmente potranno dimostrare di avere interesse all’aggiudicazione dell’appalto, o di rischiare di subire un danno dallo stesso.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 21 maggio 2020 n. 3209 –Appalti – Sulla legittimità del contratto di avvalimento trasmesso telematicamente – Con la pronuncia in esame i Giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che deve escludersi la nullità del contratto di avvalimento trasmesso telematicamente e digitalmente sottoscritto da entrambe le parti.
Il requisito della forma scritta, che può essere assolta sia con la tradizionale scrittura privata, sia attraverso l’uso del documento informatico, ammette la non simultaneità della sottoscrizione, che anzi è inevitabile nella veste informatica.
Relativamente alla verifica che le firme presenti sul file presentato a seguito di soccorso istruttorio siano state apposte prima del termine di scadenza per la presentazione delle offerte attesa l’assenza di una marcatura temporale, il problema può ritenersi superato dal recepimento, da parte dell’ausiliata, degli effetti del contratto sottoscritto unilateralmente (e cioè dalla sola ausiliaria), con conseguente perfezionamento del contratto dal momento della produzione dello stesso agli atti del procedimento unitamente all’offerta.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 21 maggio 2020 n. 3210 – Appalti – Sulle differenze tra servizi standardizzati e non – Nella pronuncia in esame il Massimo Consesso ha stabilito che il servizio è standardizzato quando la lex specialis descrive puntualmente tutti gli elementi, individuando in modo preciso sia la concreta organizzazione del lavoro sia le prestazioni dovute, secondo un’unica modalità di espletamento del servizio stesso, senza lasciare margini di definizione dell’appalto in capo all’iniziativa dell’impresa.
- Nel caso di servizi standardizzati è consentito alla P.A. appaltante scegliere se procedere all’aggiudicazione sia secondo il criterio del prezzo più basso sia alla stregua del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma qualora sia stato scelto il criterio del prezzo più basso occorre darne adeguata giustificazione.
- Nel caso invece in cui i servizi non siano standardizzati, la preferenza va al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Tar Lazio, Roma, Sez. I quater – sentenza del 20 maggio 2020 n. 5336 –– Appalti – Sui requisiti ai fini del riconoscimento della qualifica di Organismo di diritto pubblico – Nella sentenza in esame i Giudici capitolini si sono pronunciati sui requisiti ai fini del riconoscimento della qualifica di Organismo di diritto pubblico:
1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
I menzionati requisiti, ai fini del riconoscimento della qualifica di organismo di diritto pubblico, devono sussistere cumulativamente, con la precisazione che il requisito dell’influenza dominante, descritto nel precedente punto 3), è integrato anche in presenza di uno soltanto dei presupposti ivi contemplati.
Pertanto, l’attribuzione della qualifica di organismo di diritto pubblico dipende da un esame in concreto delle specificità proprie di ciascun ente, le quali debbono essere tali da far emergere la rispondenza dell’attività svolta dall’ente stesso a logiche commerciali, giustificando la sua esclusione dalla disciplina in materia di contratti pubblici, nonostante gli elementi di pubblicità che lo caratterizzano.
Tar Lazio, Roma, Sez. I quater – sentenza del 20 maggio 2020 n. 5336 –– Appalti – Sui requisiti ai fini del riconoscimento della qualifica di Organismo di diritto pubblico – Nella sentenza in esame i Giudici capitolini si sono pronunciati sui requisiti ai fini del riconoscimento della qualifica di Organismo di diritto pubblico:
1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
I menzionati requisiti, ai fini del riconoscimento della qualifica di organismo di diritto pubblico, devono sussistere cumulativamente, con la precisazione che il requisito dell’influenza dominante, descritto nel precedente punto 3), è integrato anche in presenza di uno soltanto dei presupposti ivi contemplati.
Pertanto, l’attribuzione della qualifica di organismo di diritto pubblico dipende da un esame in concreto delle specificità proprie di ciascun ente, le quali debbono essere tali da far emergere la rispondenza dell’attività svolta dall’ente stesso a logiche commerciali, giustificando la sua esclusione dalla disciplina in materia di contratti pubblici, nonostante gli elementi di pubblicità che lo caratterizzano.
Consiglio di Stato, Sez. V– sentenza del 19 maggio 2020 n. 3169 – Appalti – Sui contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura e le differenze con il subappalto – Con la sentenza in commento i Giudici di Palazzo Spada hanno osservato che se il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, viceversa, i contratti di cooperazione continuativa hanno ad oggetto quei beni e servizi dei quali l’operatore aggiudicatario necessita per poter, da solo, eseguire la prestazione oggetto del contratto d’appalto.
I terzi contraenti, quindi, procurano all’operatore economico aggiudicatario i mezzi per l’esecuzione dell’appalto, ma non eseguono una parte della prestazione oggetto dell’appalto (come invece accade nel caso di subappalto).
Conseguentemente, quando il terzo cooperante (o che svolga servizi o fornisca beni) esegue una parte della prestazione oggetto del contratto d’appalto che l’operatore aggiudicatario non sa o non può eseguire, è legittima l’esclusione dalla gara di quest’ultimo, in quanto unico soggetto che deve eseguire la prestazione oggetto dell’appalto.
A detti contratti, dunque, la p.a. resta completamente estranea.
Consiglio di Stato, Sez. III – sentenza del 18 maggio 2020 n. 3135 – Appalti – Sulla unitarietà della gara nonostante la suddivisione in lotti – Con la sentenza in esame i Giudici hanno stabilito che nonostante la suddivisione in lotti della gara, se vi sono elementi “unificanti”, a discapito di quelli differenziali, la gara deve ritenersi unitaria.
I suddetti elementi cd. unificanti, nel caso di specie, si evincono chiaramente dalla: – unicità della Commissione esaminatrice; – dall’identità, per tutti i lotti, dei requisiti richiesti dal bando e degli elementi di valutazione dell’offerta tecnica di cui al disciplinare; – dalla possibilità di produrre un’unica offerta telematica per più lotti; e ancora, – dall’identità delle modalità di prestazione del servizio e delle prestazioni richieste; – dall’integrazione telematica riferita alla esecuzione di tutti gli adempimenti negoziali conseguenti.
Alla stregua delle pregresse considerazioni risulta, dunque, legittima non solo la limitazione del numero massimo di lotti attribuibili allo stesso partecipante, ma anche, l’esclusione dell’operatore da parte della p.a..
Tar Campania, Salerno, Sez. II – sentenza del 27 maggio 2020 n. 590 – Appalti – Sull’inammissibilità dell’impugnazione di una causa non escludente del bando di gara, nel caso di omessa impugnazione dell’aggiudicazione – Con la sentenza in rassegna i Giudici campani hanno stabilito che l’impugnazione di una clausola non escludente del bando di gara – al pari dell’impugnazione del diniego di affidamento diretto del contratto – rende improcedibile il ricorso, nel caso di omessa impugnazione dell’aggiudicazione. Ciò in ragione del carattere inoppugnabile del provvedimento finale, attributivo dell’utilitas all’affidatario.
Invero, in forza dei principi euro-unitari di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento anche l’affidamento in concessione di un bene pubblico – appartenga esso al demanio ovvero al patrimonio indisponibile dello Stato, delle Regioni o degli enti locali – deve essere indeclinabilmente preceduto da un’apposita gara, in ragione dello statuto proprietario pubblico, nonché della natura di risorsa quantitativamente limitata e, nel contempo, economicamente contendibile, rivestiti dal bene medesimo.
Tar Piemonte, Sez. I – sentenza del 25 maggio 2020 n. 316– Appalti – Sulla anomalia dell’offerta e sulla libertà di scelta del contratto collettivo da applicare – Con la sentenza in commento i Giudici piemontesi hanno stabilito che la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell’operatore economico e nella libertà negoziale delle parti, con il solo limite che esso risulti coerente con l’oggetto dell’appalto.
Sicché, anche ai fini della valutazione dell’anomalia dell’offerta e della congruità del costo del lavoro, la scelta del contratto collettivo rientra nelle prerogative dell’imprenditore, e non è da considerarsi necessariamente anomala l’offerta, quando il costo del lavoro è inferiore rispetto a quello applicato dalla concorrente, se nella lex specialis di gara non si richieda l’indicazione di un contratto specifico.
Tar Campania, Napoli, Sez. I – sentenza del 25 maggio 2020 n. 1955 – Appalti – Sulla esclusione per mancata indicazione da parte dell’operatore economico, del costo della manodopera – Con la sentenza in esame i Giudici campani hanno ribadito che comporta l’esclusione dalla gara dell’operatore economico che ometta di indicare separatamente nella propria offerta il costo della manodopera, nel caso in cui la lex specialis non precluda la modifica del modulo previsto per l’offerta economica, con l’indicazione dei costi, mediante il quale è stata presentata l’offerta.
Invero, nel caso di specie, il suddetto modulo predisposto dalla stazione appaltante, che gli offerenti alla gara d’appalto avrebbero dovuto obbligatoriamente utilizzare, non lasciava loro alcuno spazio fisico per l’indicazione separata dei costi della manodopera e, in più, il capitolato d’oneri relativo alla medesima gara d’appalto precisava che gli operatori non potevano presentare alcun documento che non fosse stato specificamente richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice.
In presenza di un preciso e ineludibile obbligo legale in sede di predisposizione dell’offerta economica, quale è quello previsto dall’art. 95, comma 10, è quindi irrilevante che la lex specialis di gara e la relativa modulistica predisposta dalla stazione appaltante non prevedessero espressamente la dichiarazione separata di costi, discendendo detto obbligo direttamente ed inequivocabilmente dalla legge il chiaro disposto normativo determina l’insussistenza di un affidamento meritevole di tutela.
Tar Campania, Napoli, Sez. VIII – sentenza del 22 maggio 2020 n. 1934 – Appalti – Sulla possibilità di discostarsi in sede di determinazione del costo del lavoro dalle tabelle ministeriali e sull’impossibilità di discostarsi dai minimi salariali – Con la sentenza in rassegna i Giudici campani hanno stabilito che in materia di verifica delle offerte anomale, non può assegnarsi rilievo dirimente al fatto che il costo del lavoro indicato in offerta sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali, occorrendo, perché possa dubitarsi della congruità dell’offerta, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.
Nel caso di specie la procedura dell’abbattimento del costo orario come prospettata dall’aggiudicatario è risultato illegittimo, in quanto non conforme al minimo salariale; il costo della sicurezza non comprende il costo del monte ore per la formazione.
Tar Lombardia, Milano, Sez. II – sentenza del 18 maggio 2020 n. 840 – Appalti – Sull’illegittimità del provvedimento della P.A. appaltante di adesione ad un contratto di fornitura di altra P.A. – Con la sentenza in commento i Giudici milanesi hanno stabilito che è illegittimo il provvedimento con il quale la P.A., dopo aver aderito ad un contratto di appalto di forniture stipulato da altra P.A. – avvalendosi dell’apposita clausola di adesione prevista dal capitolato d’oneri – ha modificato, durante il periodo di efficacia, il medesimo contratto di appalto, mutando le condizioni dello stesso accordo negoziale ed incrementando significativamente la fornitura ove difetti la prova della sussistenza dei seguenti specifici presupposti:
a) notevoli disguidi o consistente duplicazione dei costi derivanti alla P.A., dall’esperimento di una nuova procedura di evidenza pubblica;
b) necessità di modificare il contratto di appalto, imposta da sopravvenute esigenze della stazione appaltante.In tal caso, infatti, la modifica del contratto originario deve ritenersi effettuata in violazione dei principi che tutelano il necessario confronto concorrenziale.
SERVIZI INTERESSE ECONOMICO GENERALE
Corte dei Conti, Sez. di controllo per Friuli Venezia Giulia – deliberazione del 27 maggio 2020 n. 15 – Servizi di interesse economico generale – Sui limiti del compenso degli amministratori di società pubbliche – I magistrati contabili del Friuli, con la deliberazione in rassegna, hanno ritenuto che, laddove non sia possibile applicare il limite circa la mancata corresponsione nell’anno 2013 di compensi agli amministratori di società partecipate o laddove gli importi corrisposti nel predetto anno siano talmente esigui da non poter ragionevolmente costituire una base parametrale di calcolo, la società potrà autolimitare i compensi spettanti agli amministratori delle società pubbliche, determinandoli in base a canoni di ragionevolezza coniugati a obiettivi di efficienza ed economicità nonché di contenimento della spesa, anche considerando altre società di dimensioni analoghe.
Tale modalità di calcolo del compenso spettante agli amministratori, verrà meno una volta che sarà emanato il decreto attuativo previsto che suddividerà in fasce le società partecipate in ragione di indicatori dimensionali quali-quantitativi al fine di determinare i relativi compensi massimi attribuibili agli amministratori delle predette società pubbliche.
Corte dei Conti, Sez. di controllo per Friuli Venezia Giulia – deliberazione del 27 maggio 2020 n. 14 – Servizi di interesse economico generale – Sugli incarichi gratuiti a soggetti in quiescenza da parte degli Enti di previdenza di diritto privato – La Corte dei Conti, nella deliberazione in commento, ha ricordato che le disposizioni in materia di gratuità degli incarichi affidati a soggetti in quiescenza di cui all’art. 5, comma 9 del d.l. 95/2012 non si applicano agli enti di previdenza di diritto privato i cui organi di governo siano eletti in via diretto o indiretta da parte degli iscritti.
Invero, in virtù del sistema di autonomia finanziaria vigente nel Friuli Venezia Giulia, anche per gli enti presenti nella Regione, che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, gli incarichi amministrativi affidati a soggetti in pensione devono essere gratuiti. Qualora invece il soggetto non percepisse alcuna pensione allora potranno essere onerosi, fermo restando il rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente in ordine all’ammontare e alla cumulabilità degli incarichi pubblici.
Corte dei Conti, Sez. di controllo per la Lombardia – deliberazione del 22 maggio 2020 n. 65– Servizi di interesse economico generale – Sulla inammissibilità della richiesta di parere di un Sindaco circa la convenienza economica delle transazioni – Nella deliberazione in rassegna i magistrati contabili, alla richiesta tramite parere di un Sindaco in merito al criterio della convenienza economica della transazione, e in particolare se sia corretto assumere quali criteri rilevanti, al fine di decidere se sottoscrivere o meno un accordo transattivo in corso di lite, hanno ritenuto la richiesta di parere inammissibile. Sotto il profilo oggettivo, in quanto i quesiti posti, non solo non riguardino l’interpretazione di una norma di contabilità pubblica, ma sottendano, al contempo, valutazioni attinenti alla concreta attività gestionale ed amministrativa dell’Ente, al fine di ottenere un vaglio di legittimità e di merito, rispetto ad una decisione che rientra invece nell’esclusiva discrezionalità dell’Ente.
Secondo il Collegio risulterebbero esservi in caso di resa del parere richiesto, inoltre, potenziali interferenze e/o sovrapposizioni con altre funzioni attribuite alla Corte dei conti, nonché con quelle attribuite ad altre magistrature.
Corte dei Conti, Sez. di controllo per la L’Umbria – deliberazione del 20 maggio 2020 n. 35– Servizi di interesse economico generale – Sulla qualificazione delle Società Partecipate – Nella deliberazione in rassegna i magistrati contabili, alla richiesta tramite parere di un Sindaco in merito alla possibile qualificazione di una società cooperativa a rischio limitato quale società partecipata dall’Ente, ai fini dell’espletamento degli obblighi e adempimenti a carico del Comune socio, in virtù del possesso di azioni da parte dell’ente, hanno ritenuto la suddetta richiesta inammissibile sotto il profilo oggettivo . A motivo di ciò il Collegio ha precisato che il prefato quesito posto, mira ad ottenere una specifica valutazione in ordine alla qualificazione di una determinata società cooperativa a rischio limitata quale società partecipata dall’ente, e non verte sull’interpretazione del quadro normativo ad essa applicabile. La magistratura contabile ha infine ricordato che laddove esprimesse il parere richiesto questo potrebbe interferire o sovrapporsi con le funzioni attribuite in sede giurisdizionale a questa o ad altre magistrature, a causa anche del ricorso ad azioni legali perpetrato dal Comune nei confronti della predetta società cooperativa volto ad ottenere la liquidazione della propria quota partecipativa.
Tar Sicilia, Catania, Sez. I – sentenza del 20 maggio 2020 n. 1117 –Servizi interesse economico generale – Trasporto Scolastico –Sull’esclusione dalla gara per mancata iscrizione al REN – Con la pronuncia in esame i Giudici amministrativi hanno confermato l’operato della stazione appaltante che ha proceduto ad escludere un concorrente in una gara per l’affidamento del servizio di trasporto scolastico, in quanto privo dell’iscrizione al REN. A detta del Tar, infatti, l’appalto in parola ha ad oggetto l’attività di trasporto di persone su strada (trasporto scolastico) e per esso, alla stregua del Reg. Ce n. 1071 del 2009 (che dispone che per esercitare la professione di trasportatore di persone su strada l’impresa deve essere autorizzata all’esercizio della professione) della sua ratio, ai fini della partecipazione alla procedura selettiva, risulta necessario, sin dalla presentazione dell’offerta, il possesso del particolare titolo autorizzativo rilasciato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ovvero dell’iscrizione al Registro Elettronico Nazionale – R.E.N.
ENTI LOCALI
Corte dei Conti, Sez. di controllo per la Lombardia – deliberazione del 22 maggio 2020 n. 67–Enti Locali – Sull’indennità di funzione degli amministratori locali– Nella deliberazione in esame i magistrati contabili della Lombardia hanno precisato che l’incremento dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, fino all’85% della misura spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, è espressione di una scelta decisionale rimessa all’ente e non opera ex-lege in automatico.
Relativamente ai rapporti con il principio di invarianza di spesa, il Collegio ha rilevato come lo stesso non sia specificamente richiamato nella normativa che, se da un lato valorizza l’autonomia degli enti, consentendo flessibilità nella definizione dell’aumento di spesa, dall’altro implica un cofinanziamento da parte dell’ente, che all’atto della determinazione del predetto incremento, necessiterà di una valutazione complessiva sulla misura dell’aumento da porre in essere, entro il limite previsto dalla legge, che risulti al contempo però compatibile con l’attuale situazione finanziaria dell’ente.
Tar Campania, Napoli, Sez. I – sentenza del 25 maggio 2020 n. 1966 – Enti Locali – Sulla illegittimità del provvedimento con cui un Sindaco ha revocato l’incarico ad un Assessore – Con la sentenza in commento i Giudici campani hanno stabilito che è illegittimo il provvedimento con cui il Sindaco ha revocato l’incarico ad un Assessore, fondato sulla motivazione esclusiva e generica della sopravvenuta “rottura” del rapporto fiduciario sotteso al mandato assessorile. Peraltro, tale motivazione è stata esternata in una relazione a firma del Presidente della Municipalità allegata agli scritti difensivi dell’Ente.
Tale nota, infatti, non può integrare il tessuto motivazionale dell’atto atteso che, vige un divieto di integrazione postuma della motivazione.
Tar Puglia, Bari, Sez. III – sentenza del 22 maggio 2020 n. 733 – Enti Locali– Sull’inammissibilità delle ordinanze contingibili e urgenti adottate da un Sindaco, dirette a fronteggiare l’emergenza Covid 19, per contrasto con le misure statali – Con l’interessante pronuncia in esame i Giudizi pugliesi hanno stabilito che le ordinanze contingibili e urgenti adottate da un Sindaco, dirette a fronteggiare l’emergenza Covid 19, sono in contrasto con le misure statali.
Il Sindaco adottava due ordinanze con le quali disponeva il divieto di introduzione di pane e derivati del pane nel territorio comunale, facendo sospendere lo svolgimento dell’attività commerciale in questione.
Il Sindaco può, in linea con la prescrizione statale, introdurre un divieto di ingresso nel proprio Comune per un periodo di tempo limitato e solo in presenza di un sopravvenuto aggravamento del rischio sanitario che sia stato oggetto di valutazione adeguata e proporzionata ai dati epidemiologici del territorio in un dato momento.
Nella specie, è invece accaduto che le prime due ordinanze – con le quali è stato ordinato il divieto di introduzione di pane o derivati nel territorio comunale – sono state emanate senza alcuna indicazione di efficacia nel tempo e in presenza di una generica affermazione di perdurante rischio non accompagnata da rilevazione di dati epidemiologici a supporto, pertanto, in netto contrasto con le misure statali.
L’attuazione delle misure di contenimento è però affidata, in primis, al Presidente del Consiglio dei Ministri attraverso propri decreti; la Regione, nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri può varare misure ulteriormente restrittive in presenza di situazioni specifiche sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel territorio regionale e nei limiti della propria competenza; il Sindaco, dal canto suo, non può adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza, in contrasto con le misure statali.
PUBBLICO IMPIEGO
Consiglio di Stato, Sez. II – sentenza del 22 maggio 2020 n. 3242 – Pubblico Impiego – Sulla legittimità di procedura all’assunzione mediante concorso piuttosto che mediante utilizzazione di una graduatoria di un precedente concorso ancora valida ed efficace – Con la sentenza in rassegna i Giudici hanno stabilito che è legittimo il provvedimento con il quale il Ministero della difesa ha indetto una nuova selezione, piuttosto che dare la prevalenza allo scorrimento della graduatoria di un precedente concorso, mediante quindi il reclutamento degli idonei.
Posto che le graduatorie concorsuali approvate prevedono un’ultra vigenza triennale, nel caso di specie tuttavia, trattandosi del reclutamento di Forze armate e di polizia, la suddetta regola può essere derogata dalla p.a. militare che abbia una comprovata necessità ed urgenza di reclutare personale.
EDILIZIA & URBANISTICA
Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili – Ordinanza del 20 maggio 2020 n. 9281 – Edilizia&Urbanistica– Sulla giurisdizione amministrativa nel caso di domanda possessoria proposta in relazione ai lavori intrapresi in attuazione di PUE approvato dall’autorità comunale – Nella sentenza in rassegna i Giudici hanno stabilito che le azioni possessorie nei confronti della p.a. e di chi agisca per conto di essa sono esperibili davanti al giudice ordinario quando il preteso comportamento antigiuridico si concreti e si risolva in una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali.
Per contro, ove le azioni possessorie siano proposte in relazione a comportamenti posti in essere in esecuzione di un formale provvedimento amministrativo emesso nell’ambito e nell’esercizio dei poteri autoritativi e discrezionali spettanti alla P.A. – come nel caso di specie – deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, spettando la giurisdizione al giudice amministrativo.
Trattasi nel caso di specie, di una domanda possessoria proposta da un operatore economico, in relazione ai lavori intrapresi in attuazione di PUE (piano urbanistico di esecuzione) approvato dall’autorità comunale; tale deliberazione di approvazione del P.U.E. ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità.
Da ciò ne consegue la natura pubblicistica del P.U.E., quale strumento di pianificazione urbanistica, adottato dall’autorità comunale nell’esercizio dei poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti.
Consiglio di Stato, Sez. VI – sentenza del 25 maggio 2020 n. 3277– Edilizia&Urbanistica– Sulla non sussistenza di un dovere della P.A. di provvedere su istanze dei privati che sollecitano l’adozione di provvedimenti di autotutela – Con la sentenza in commento i Giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che deve escludersi la sussistenza di un dovere generalizzato della p.a. di provvedere sulle istanze di autotutela. In particolare, non sussiste il suddetto obbligo da parte della p.a., nel caso in cui non vi sia alcuna prova certa di una condotta dolosa da parte del richiedente il titolo edilizio in sanatoria, finalizzata a trarre in inganno la p.a. onde conseguire i titoli edilizi, né sia stato attivato alcun procedimento penale al riguardo.
Tar Piemonte, Sez. II – sentenza del 26 maggio 2020 n. 322 – Edilizia&Urbanistica – Sulla legittimità del provvedimento con il quale il Comune ha chiesto al titolare di un permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia il pagamento degli oneri concessori – Con la sentenza in rassegna i Giudici piemontesi hanno stabilito che è legittimo il provvedimento con il quale un Comune ha chiesto al titolare di un permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia – mediante demolizione e ricostruzione – di un fabbricato destinato ad abitazione di un solo nucleo familiare, il pagamento degli oneri concessori; e, in particolare, del costo di costruzione, nel caso in cui, ancorché unifamiliare, si tratti di un fabbricato di dimensioni notevoli, stante il consistente numero di vani (nella specie, si trattava di 14 vani). Si è trattato di un intervento urbanisticamente rilevante, realizzato mediante demolizione e ricostruzione. In tal caso, infatti, in ragione delle relative finalità, non può trovare applicazione la causa di esenzione dal pagamento degli oneri concessori secondo cui “il contributo di costruzione non è dovuto per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari”.
Tar Campania, Salerno, Sez. II – sentenza del 20 maggio 2020 n. 562 – Edilizia&Urbanistica – Sulla legittimità del provvedimento di diniego di un Comune circa il rilascio del permesso di costruire per la demolizione e ricostruzione di un fabbricato parzialmente crollato – Nella sentenza in rassegna i Giudici campani hanno stabilito che è legittimo il provvedimento con il quale un Comune ha opposto un diniego in ordine ad una istanza tendente ad ottenere il rilascio del permesso di costruire per la demolizione e ricostruzione, nonché il parziale cambio di destinazione d’uso di un fabbricato parzialmente crollato.
Tale decisione del Collegio è fondata sulle seguenti motivazioni:
1) la consistenza dell’immobile riportata sugli elaborati grafici dello stato di fatto, relativamente al piano terra, non corrisponde alla consistenza dell’immobile come descritta nell’atto di proprietà;
2) secondo le NTA allegate al vigente PRG, in caso di crollo parziale per eventi non calamitosi, può essere riconosciuta la cubatura originaria, desumibile da atti e documentazioni certe o anche dal rilievo o dall’interpretazione tecnica incontrovertibile delle strutture superstiti, solo se il crollo non risalga ad oltre dieci anni prima dell’adozione del PRG e se le strutture orizzontali e verticali rimaste in piedi corrispondano ad almeno il 75% delle strutture complessive originarie.
ENERGY
Tar Lazio, Roma, Sez. III ter – ordinanza del 25 maggio 2020 n. 4024 – Energy – Sui requisiti per il riconoscimento delle tariffe incentivanti ai fini della costruzione di un impianto fotovoltaico – Nella ordinanza in esame i Giudici capitolini hanno stabilito che affinchè si possa beneficiare delle tariffe incentivanti, ai fini della costruzione di un impianto fotovoltaico, l’operatore deve rispettare dei requisiti.
Nel caso di specie, all’esito del sopralluogo effettuato, l’edificio sul quale è costruito il suddetto impianto fotovoltaico è risultato non completato, presentando aperture permanenti tali da comportarne la revoca delle tariffe incentivanti.
È da precisare che, il Gestore, prima di addivenire ad una pronuncia di decadenza dagli incentivi, procede a verificare la possibilità, “al fine di salvaguardare la produzione di energia da fonti rinnovabili”, di disporre la decurtazione dell’incentivo “in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento in ragione dell’entità della violazione”.
Tar Lazio, Roma, Sez. III ter – ordinanza del 25 maggio 2020 n. 4020 – Energy – Sulla decadenza del diritto alle tariffe incentivanti relative alla costruzione di un impianto fotovoltaico – Nella ordinanza in esame i Giudici capitolini hanno stabilito che il provvedimento con il quale sono state revocate le tariffe incentivanti precedentemente erogate, non costituisce manifestazione del potere di autotutela da parte del Gestore che le eroga, bensì un potere di verifica, accertamento e controllo ed è volto ad acclarare lo stato dell’impianto e ad accertarne la corrispondenza rispetto a quanto dichiarato dall’interessato in sede di richiesta di ammissione. Ciò, indipendentemente dai rilievi circa la conformità edilizia dell’impianto e la corretta rappresentazione della integrazione architettonica dello stesso, l’operatore non ha l’avvenuta trasmissione al Gestore la fine dei lavori entro una data prestabilita, considerazione di per sé sufficiente a sorreggere la motivazione del provvedimento di revoca degli incentivi.
Tar Lazio, Roma, Sez. III ter – ordinanza del 25 maggio 2020 n. 4021 – Energy – Sui requisiti necessari ai fini del riconoscimento delle tariffe incentivanti nell’ambito della coltivazione agricola o alla floricoltura, all’interno di una serra– Nella ordinanza in esame i Giudici capitolini hanno stabilito che affinchè si possa beneficiare delle tariffe incentivanti, ai fini della coltivazione agricole o alla floricoltura all’interno di una serra, l’operatore economico deve rispettare il necessario requisito della permanente destinazione dei manufatti, per tutta la durata degli incentivi.
Invero, alla luce delle risultanze emerse in sede di verifica, è risultato uno stato di abbandono della coltivazione all’interno delle serre, evidentemente non in linea con il suddetto requisito della permanente destinazione dei manufatti, da rispettarsi per tutta la durata degli incentivi.
Tar Lazio, Roma, Sez. III ter – sentenza del 25 maggio 2020 n. 5455 – Energy – Sull’estraneità del rapporto di cessione ai fini della restituzione degli incentivi indebitamente percepiti dalla cedente– Nella sentenza in esame i Giudici capitolini hanno stabilito che nel caso di cessione degli incentivi, la declaratoria di decadenza del provvedimento di ammissione alle tariffe incentivanti, relative alla produzione di energia da fonti rinnovabili, travolge la convenzione stipulata tra cedente e cessionario.
Invero, la funzione di garanzia della cessionaria, non può che restare estranea all’insorta obbligazione restitutoria degli incentivi indebitamente erogati, la quale andrà ad incidere nella sfera giuridica della sola cedente.
La suddetta (mancata) funzione di garanzia può, se mai, rilevare esclusivamente nei rapporti di diritto privato intercorsi tra cedente e cessionaria, mentre deve ritenersi del tutto estraneo al rapporto pubblicistico di incentivazione tra cedente e Gestore, il quale ultimo, nel caso di specie, non era neanche a conoscenza del rapporto privatistico tra la cedente e la cessionaria.