IN EVIDENZA
Consiglio di Stato, sez. V – sentenza del 2 gennaio 2019 n. 1 – Appalti – Sulla durata effettiva dell’appalto – Con la pronuncia in esame, il Collegio ha statuito che quando l’Amministrazione bandisce una gara, ancorando il termine dell’affidamento a delle annualità specifiche, la durata è strettamente racchiusa in quell’arco temporale, anche se l’affidamento interviene con ritardo per via di lunghe vicende processuali. Nella specie, il provvedimento di aggiudicazione definitiva di una gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica per gli anni dal 2014/2015 al 2016/2017, prevedeva l’affidamento con decorrenza da gennaio 2016, con una durata pari a poco più di un anno scolastico. L’impresa aggiudicataria si è vista respingere la richiesta di ottenere l’affidamento triennale del servizio come disposto dal bando di gara. (Giudizio seguito dallo Studio AOR Avvocati per conto dell’Amministrazione appellata).
Tar Lazio – Roma, sez. II bis – sentenza del 7 gennaio 2019 n. 191 – Appalti – Sull’applicabilità del rito speciale appalti al project financing – In linea con il consolidato indirizzo della giurisprudenza, i Giudici capitolini hanno affermato, richiamando l’autorevole precedente dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2012, che il procedimento di project financing è articolato in sub-fasi la prima delle quali, si conclude con il provvedimento di scelta del promotore, immediatamente lesivo e quindi autonomamente impugnabile. Sebbene attinente ad una fase anteriore alla vera e propria procedura di aggiudicazione, vi è strettamente connesso; pertanto, anche alle relative controversie si applica il regime processuale speciale di cui all’art. 120 c.p.a. (Giudizio seguito dallo Studio AOR Avvocati per conto dell’Amministrazione resistente).
Comunicato del Presidente ANAC del 9 gennaio 2019 – Differimento dell’operatività dell’Albo dei Commissari di gara di cui all’articolo 78 del Decreto Legislativo 19 aprile 2016, n. 50 – Il Presidente Cantone rimanda al 15 aprile 2019 la piena operatività dell’Albo nazionale dei commissari di gara a causa dell’esiguo numero di iscritti (circa 2.100), non sufficiente a consentire il regolare svolgimento delle gare.
Atto di segnalazione A.N.AC. del 9 gennaio 2019 n. 1 – Sulla disciplina dell’Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici di cui all’art. 77 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 – L’Autorità ha segnalato al Parlamento ed al Governo la necessità di una celere modifica dell’art. 77 del Codice, nel senso di consentire all’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, la nomina della commissione secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate. Così superando l’impasse dovuto all’assenza e/o carenza di esperti iscritti nelle sottosezioni dell’Albo dei commissari.
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CIVILE E CONTABILE
Consiglio di Stato, sez. V – sentenza dell’8 gennaio 2019 n. 173 –– Appalti – Sull’impugnabilità delle clausole immediatamente escludenti – Confermando il consolidato orientamento della giurisprudenza, il Collegio ha ribadito che devono essere oggetto di immediata impugnazione da parte dell’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formale interesse alla procedura, soltanto le clausole del bando preclusive della partecipazione o tali da impedire con certezza la formulazione dell’offerta. Non sussiste, invece, l’onere di immediata impugnazione delle prescrizioni del bando riguardanti il metodo di gara, il criterio di aggiudicazione e la valutazione dell’anomalia.
Consiglio di Stato, sez. III – sentenza del 4 gennaio 2019 n. 96 –– Appalti – Sulla inattivazione del soccorso istruttorio – Con la pronuncia in commento, i Giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che, con riferimento alle procedure comparative e di massa, è legittima la scelta dell’Amministrazione di non ricorrere al soccorso istruttorio per sopperire al mancato adempimento degli oneri minimi di cooperazione (come il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete, di compilare moduli, di presentare documenti) che ricadono sul partecipante. Infatti, in virtù del principio generale di autoresponsabilità dei concorrenti, ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione; sicchè, il rimedio del soccorso istruttorio in tali circostanze costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio.
Consiglio di Stato, sez. III – sentenza del 4 gennaio 2019 n. 90 –– Appalti – Sullo scostamento dai valori delle tabelle ministeriali nell’indicazione del costo del lavoro – Con la pronuncia in oggetto i Giudici di Palazzo Spada hanno confermato che l’indicazione di un costo del lavoro che non rispetti pedissequamente i valori indicati nelle tabelle ministeriali, non è ex se indicativa dell’anomalia dell’offerta. Infatti, ha precisato il Collegio, l’offerta può ritenersi legittimamente anomala solamente ove lo scostamento dai prefati valori non sia rigorosamente giustificato.
Corte di Cassazione, sez. Unite – ordinanza del 10 gennaio 2019 n. 489 – Appalti – Sulla giurisdizione delle controversie relative alla fase di esecuzione del contratto – In coerenza con le precedenti pronunce rese in materia, la Suprema Corte ha affermato che con la stipulazione del contratto all’esito di una procedura ad evidenza pubblica, si instaura un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti ed obblighi, le cui eventuali questioni controverse sono devolute alla giurisdizione del Giudice Ordinario. Pertanto, ogni questione attinente alla fase di esecuzione del contratto, tra cui rientra anche la risoluzione anticipata di esso autoritativamente disposta dall’Amministrazione committente per l’inadempimento dell’appaltatore, rientra nella giurisdizione ordinaria.
Tar Campania, Napoli, sez. I – sentenza del 15 gennaio 2019 n. 213 – Appalti – Sulla necessità di produrre le dichiarazioni da parte del responsabile tecnico- Con la sentenza in commento i giudici Campani hanno affermato che è illegittima l’esclusione di una impresa che non ha reso le dichiarazioni prescritte anche con riferimento al responsabile tecnico della ditta stessa che non risulta previsto dalla legge di gara, la quale riferisce le dichiarazioni stesse espressamente al solo direttore tecnico. Ciò in ragione del fatto che i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara non possono essere interpretati in modo estensivo o analogico, poiché le imprese devono essere messe in condizione di conoscere con certezza quali sono gli adempimenti occorrenti per il soddisfacimento delle prescrizioni previste per legge, pena la lesione della trasparenza delle regole di gara e, per conseguenza, della par condicio tra i concorrenti.
Tar Puglia, Bari, sez. II – sentenza dell’11 gennaio 2019 n. 48 – Appalti – Sul rimborso delle spese delle associazioni di volontariato – Con la pronuncia in esame, il Tribunale ha affermato l’illegittimità del bando di gara che riconosca alle associazioni di volontariato un rimborso forfettario mensile fisso in misura massima. Infatti, una simile previsione si pone in aperto contrasto con le disposizioni del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, secondo cui l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo e le organizzazioni di volontariato possono ricevere, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
Tar Campania, Salerno, sez. I – sentenza del 10 gennaio 2019 n. 60 – Appalti – Sul principio di rotazione nelle gare di appalto – La pronuncia in esame, nel ricordare che il consolidato orientamento giurisprudenziale pone il principio di rotazione degli affidamenti a presidio dell’effettività della concorrenza, esclude che l’affidamento del medesimo servizio al gestore uscente – poi aggiudicatario della gara – in via temporanea ed urgente nelle more dell’espletamento della gara di appalto, violi tale principio. Infatti, il temporaneo affidamento in via d’urgenza non è fattispecie assimilabile alla aggiudicazione di una gara d’appalto.
Tar Emilia Romagna, Parma, sez. I – sentenza del 10 gennaio 2019 n. 2 – Appalti – Sulla indicazione del costo della manodopera – Con la sentenza in esame, i Giudici hanno affermato che la mancata indicazione dei costi di manodopera in sede di offerta configura una violazione di un obbligo inderogabile per il concorrente, non sanabile con il soccorso istruttorio, che comporta l’esclusione dalla gara; diversamente, l’inesatta quantificazione dei suddetti costi non consente l’adozione della misura espulsiva da parte della Stazione appaltante, in virtù del principio di tassatività delle cause di esclusione.
Tar Lombardia – Milano, sez. IV, sentenza del 9 gennaio 2019 n. 40 – Appalti – Sulla proroga del termine di presentazione delle offerte per malfunzionamento della piattaforma telematica – Con la pronuncia in commento, i Giudici meneghini hanno affermato che, in un’ottica di leale collaborazione, il documentato malfunzionamento della piattaforma telematica su cui dovevano essere caricate le offerte, impone alla Stazione appaltante di concedere un intervallo di tempo (pari a quello del malfunzionamento) per mettere l’operatore economico in condizione di partecipare alla gara e garantire, quindi, la par condicio competitorum.
Tar Sicilia, Catania, sez. I, sentenza dell’8 gennaio 2019, n. 12 –– Appalti – Sulla trasmissione del DGUE in formato cartaceo – Con la pronuncia in esame è stata riconosciuta la legittimità dell’operato del partecipante alla gara che in data 18 aprile 2018 aveva trasmesso un Documento di gara unico europeo (DGUE) in formato cartaceo, atteso che l’obbligo dell’inoltro per via telematica decorreva dal 18 ottobre 2018. Pertanto, il Collegio ha dichiarato l’illegittimità dell’esclusione del concorrente che non aveva trasmesso il suddetto documento su supporto elettronico, prima dell’entrata in vigore di un simile obbligo.
Tar Lazio, Roma, sez. I bis – sentenza del 7 gennaio 2019 n. 146 –– Appalti – Sulla indicazione delle opere o parte di esse oggetto di subappalto necessario – Con la pronuncia in esame, i Giudici capitolini, ricordando che non vige l’obbligo di indicare, in sede di offerta, il nominativo del subappaltatore (nemmeno per il subappalto relativo a opere o servizi per i quali l’impresa subappaltante non possieda in proprio i requisiti di partecipazione), hanno affermato la legittimità dell’esclusione dalla gara della ditta che abbia dichiarato di far ricorso al subappalto necessario, tuttavia senza indicare le opere o parti di opere che intende subappaltare. L’ incompletezza dell’offerta, che non specifica in quale modo sia integrato il requisito prescritto dalla legge di gara a pena di esclusione e non posseduto dall’impresa partecipante, legittima il provvedimento espulsivo.
Tar Veneto, sez. I – sentenza del 7 gennaio 2019, n. 23 –– Appalti – Sulla rilevanza temporale di illeciti professionali e sulla limitazione del subappalto al 30% dell’importo del contratto – Con la pronuncia in esame, il Collegio ha stabilito, in primo luogo, che non sussiste l’obbligo di dichiarare precedenti illeciti professionali che abbiano ormai esaurito la propria rilevanza temporale in virtù di quanto previsto dalle linee guida n. 6 dell’A.N.A.C. Pertanto, non ricorre la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016. Inoltre, il Tar ha asserito il principio secondo cui il concorrente che superi le prescritte percentuali di subappalto, non può essere escluso dalla gara, ma tale circostanza può rilevare nella successiva fase di esecuzione. Infatti, in caso di aggiudicazione, potrà essere negata la possibilità di ricorrere al subappalto.
Consiglio di Stato, sez. V – ordinanza del 7 gennaio 2019 n. 138 – Servizi di Interesse generale&Organismi partecipati – Motivazione in merito al mancato ricorso al mercato ex art 192 del Codice dei Contratti e acquisizione delle quote di partecipazione ex art 4 del Testo unico partecipate- Rimessione alla Corte di Giustizia–
A neanche due mesi dall’ordinanza del Tar Liguria che ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di costituzionalità dell’art. 192, comma 2 del Codice, anche il Consiglio di Stato è intervenuto sulla norma in esame, rimettendo la questione, questa volta, alla Corte di Giustizia.
I giudici di Palazzo Spada con una articolata ordinanza, dopo aver ricordato che l’in house providing è per sua natura una delle forme caratteristiche di gestione del servizio, al pari dell’affidamento a terzi tramite mercato (gara) e che anche da parte dell’ordinamento dell’UE gli affidamenti in house non sembrano posti in una posizione subordinata rispetto agli affidamenti con gara, hanno avanzato dubbi in merito alla compatibilità con il diritto europeo di quelle disposizioni del nostro ordinamento (come quello oggetto di rinvio) che subordinano gli affidamenti in house a condizioni aggravate e a motivazioni rafforzate rispetto alle altre modalità di affidamento.
Al contempo, con la stessa ordinanza, il Supremo Consesso, nell’andare ad esaminare l’art. 4 comma 1 del Testo Unico Partecipate, che impone alle amministrazioni pubbliche di costituire società e/o acquisire partecipazioni aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi direttamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ha ritenuto di dover sottoporre all’esame della Corte di Giustizia anche tale disposizione normativa.
La norma in esame, infatti, sembra non consentire alle amministrazioni di detenere quote minoritarie di partecipazione in un organismo a controllo congiunto, neppure laddove tali amministrazioni intendano acquisire in futuro una posizione di controllo congiunto e quindi la possibilità di procedere ad affidamenti diretti in favore dell’organismo pluripartecipato.
Secondo i Giudici se da un lato la norma appare in linea l’indirizzo dell’ordinamento italiano inteso a ridurre dal punto di vista quantitativo e ad ottimizzare dal punto di vista qualitativo le partecipazioni delle amministrazioni pubbliche in società di capitali, dall’altro ne va accertata la compatibilità con il diritto dell’UE (in particolare, con l’articolo 5 della Direttiva 2014/24/UE), che ammette il controllo analogo congiunto anche nel caso di società non partecipata unicamente dalle amministrazioni controllanti.
Corte di Cassazione, sez. Unite – sentenza del 9 gennaio 2019 n. 332 – Servizi di Interesse generale&Organismi partecipati – Sulla giurisdizione delle controversie relative ai contratti stipulati da una società in house – Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ha affermato che rientra nella giurisdizione dell’A.G.O. la controversia riguardante la contestazione della legittimità degli esiti della procedura di gara con cui una società in house intenda individuare i contraenti per lo svolgimento di talune attività. Evidenzia, in proposito, che il rapporto tra la suddetta società ed un terzo, si risolve in un contratto di diritto privato, in cui l’Amministrazione rimane totalmente estranea.
Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Sicilia, parere del 10 gennaio 2019 n. 217 – Servizi di Interesse generale&Organismi partecipati – Sull’obbligo di esternalizzare il servizio affidato ad una società in house fallita – La Corte dei Conti è del parere che, una volta verificato il fallimento della società in house providing, l’Amministrazione ha l’obbligo di ricorrere al mercato per l’esternalizzazione del servizio. La fallimentare gestione imprenditoriale pubblica è sanzionata con il divieto – per almeno cinque anni – di costituire o mantenere partecipazioni societarie operanti negli stessi settori di attività, già gestiti dalle società partecipate ed assoggettate a procedura concorsuale.
Consiglio di Stato, sez. VI – sentenza del 4 gennaio 2019 n. 103 –– Pubblico impiego – Sull’indizione di una nuova procedura selettiva e scorrimento della precedente graduatoria – Con la sentenza in commento, il Collegio ha ritenuto illegittima la scelta di indire un nuovo concorso per l’assunzione di personale, con contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato, in presenza di una graduatoria di una precedente procedura selettiva ancora valida, posto che l’Amministrazione non aveva neanche evidenziato in motivazione i profili di pubblico interesse a supporto di tale scelta.
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza del 4 gennaio 2019 n. 3 – Enti pubblici – Sulla revoca di un contributo pubblico – In ordine alla revoca di un contributo pubblico conseguente ad informativa antimafia sopravvenuta, sussiste l’obbligo di pagare il valore delle opere già eseguite, “nei limiti delle utilità conseguite”. Con riferimento a tale ultimo inciso, il Collegio ha aderito all’orientamento che interpreta la nozione di “utilità conseguite” in modo estensivo, ricomprendendo anche i vantaggi generali che l’esecuzione del programma finanziato ha realizzato in termini di benefici collettivi, immediatamente o mediatamente riconducibili all’esercizio del potere. Nella specie, dunque, il CGARS ha affermato l’illegittimità della revoca totale di un contributo pubblico che non abbia previsto il pagamento del valore delle opere eseguite.
Tar Campania, Napoli, sez. V – sentenza del 10 gennaio 2019 n. 131 – Enti pubblici – Sul riparto di giurisdizione sulla decadenza dalla nomina di un Dirigente – I Giudici campani hanno riconosciuto la giurisdizione del G.O., in funzione di giudice del lavoro, nelle ipotesi in cui il provvedimento di decadenza dalla nomina di un Dirigente, che abbia rinunciato all’assunzione in servizio, non disponga nulla in ordine alla posizione in graduatoria.
Tar Puglia, Bari, sez. III – sentenza del 7 gennaio 2019 n. 9 – Edilizia&Urbanistica – Sul potere inibitorio dell’Amministrazione della Scia edilizia – La sentenza in commento ha ribadito che, una volta decorso il termine di 30 giorni dalla presentazione della SCIA, il titolo si consolida in una “autorizzazione implicita” e l’Amministrazione che intenda esercitare poteri inibitori, deve necessariamente instaurare un procedimento di secondo grado facendo ricorso agli strumenti di autotutela.
Tar Campania, Salerno, sez. II – sentenza del 2 gennaio 2019 n. 1 – Edilizia&Urbanistica – Sulla necessità di acquisire il permesso di costruire – I giudici campani hanno affermato che la modifica interna della superficie coperta di fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, non è sottoposta a preventivo rilascio di titolo edilizio rientrando tra gli interventi di “edilizia libera”. Diversamente, l’installazione di containers con funzione pertinenziale al capannone industriale, ancorché di modeste dimensioni, comporta una permanente alterazione del terreno ai fini urbanistico-edilizi e richiede, pertanto, il rilascio del previo titolo edilizio.