A cura di Matteo Valente
Sulla possibilità di ricorrere all’istituto del subappalto per dimostrare il possesso dei requisiti di ammissione/esecuzione alle procedure di gara.
Con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici è ancora possibile ricorrere al subappalto c.d. “necessario”?
A questo quesito hanno risposto le due sentenze in commento che, pur essendo (per un gioco della sorte) coeve, giungono a conclusioni contrapposte.
Per il Tar del Lazio è infatti ammissibile prendere parte alla gara servendosi dei requisiti del subappaltatore, per il Giudice Lombardo, invece, tale pratica è da ritenersi esclusa.
Il subappalto necessario (o qualificante) si realizza nel caso in cui l’appaltatore difetti dei requisiti necessari per realizzare una o più prestazioni dell’appalto, motivo per cui è obbligato a subappaltarle ad un’impresa in possesso di quegli stessi requisiti.
Tale ipotesi si differenzia da quella, per così dire, ordinaria (o definibile di subappalto facoltativo) nella quale l’appaltatore già possiede in proprio tutti i requisiti necessari per l’esecuzione dell’appalto, ma sceglie, sulla base di una valutazione discrezionale e di mera opportunità economica, di subappaltare talune prestazioni ad un’altra impresa, anch’essa in possesso di tutti i requisiti necessari per l’esecuzione.
Il subappalto necessario è un istituto di creazione giurisprudenziale, posto che la previgente normativa non lo contemplava esplicitamente (ciò ha determinato una serie di accesi dibattiti riguardanti soprattutto l’onere di dichiarare il nominativo del subappaltatore già in sede di partecipazione, dibattiti conclusi solamente con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2015).
Il testo dell’art. 105 del nuovo Codice dei Contratti, ponendosi in continuità con quanto a suo tempo previsto dal legislatore del 2006, non fa alcuna menzione della facoltà di poter prendere parte alla competizione mediante i requisiti del subappaltatore.
Certo è che la nuova normativa ha profondamente riformato l’istituto (si pensi solamente all’obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori) e per tale ragione l’esistenza del subappalto necessario risulta tutt’altro che scontata.
Le due pronunce in commento confermano che non vi sia una visione univoca da parte della giurisprudenza amministrativa.
Venendo ora ai casi in concreto trattati, la sentenza resa dal Tar capitolino concerne il caso di un’impresa che, pur non avendo dichiarato di voler ricorrere al subappalto, aveva redatto un progetto tecnico nel quale si esplicitava che una parte di servizio (segnatamente: lo smaltimento dei rifiuti sanitari) sarebbe stata svolta da una terza impresa.
La stazione appaltante ha escluso l’operatore economico sulla scorta del fatto che, a suo dire, l’impresa indicata dal concorrente, in possesso dei prescritti requisiti ed esecutrice di quella precipua parte di prestazione contemplata nel capitolato, avrebbe dovuto essere designata in modo chiaro ed inequivocabile quale subappaltatrice.
Il Giudice ha confermato l’esclusione respingendo le tesi del concorrente escluso secondo il quale, il fatto che la lex specialis non prevedesse tra i requisiti di ammissione l’iscrizione all’Albo gestori Ambientali, rendeva ben possibile servirsi di un’impresa terza senza dichiararla espressamente quale subappaltatore.
La sentenza, in buona sostanza, enuncia il principio in base al quale, laddove si debba affidare l’esecuzione di prestazioni oggetto dell’appalto ad altri operatori economici, questi ultimi devono essere necessariamente indicati quali subappaltatori e devono altresì essere in possesso di tutti i requisiti previsti per l’espletamento dell’attività che andranno a svolgere.
Ciò a maggior ragione nel caso in cui il concorrente non sia in possesso dei predetti requisiti e il subappalto diventi lo strumento indispensabile per la sua stessa partecipazione alla gara.
L’orientamento del Tar lombardo è invece diametralmente opposto.
Affrontando il caso in cui un’impresa aveva dichiarato di voler integralmente subappaltare le attività manutentive, per le quali essa non era qualificata, il Giudice ha accolto il ricorso di un altro concorrente che ne aveva richiesto l’esclusione in quanto il ricorso a tale istituto per l’individuazione dell’impresa qualificata non risultava conforme alla normativa di settore.
Il Tar quindi va oltre la norma ed in funzione quasi ermeneutica dell’attuale assetto codicistico ci dice che le uniche soluzioni a disposizione degli operatori economici per affidare ad altri soggetti parte delle prestazioni dell’appalto (mutuando al contempo dagli stessi anche i rispettivi requisiti), sono esclusivamente la partecipazione in RTI e l’avvalimento.
Insomma la questione è di fatto ancora aperta.