GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CIVILE E CONTABILE
Corte di Giustizia U.E., Sez. V – sentenza del 27 novembre 2019 (causa C‑402/18) – Appalti – Sul divieto di subappalto oltre il 30% e sull’impossibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate oltre il 20% – Nella sentenza in rassegna la Corte di Giustizia U.E. torna ad affrontare la normativa italiana in materia di subappalto pronunciandosi su due questioni di rilevante importanza: il divieto di subappalto oltre il 30% dell’importo totale del contratto e l’impossibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate oltre il 20% del prezzo di aggiudicazione.
In merito alla prima doglianza, la Corte UE sottolinea nuovamente l’errore di fondo in cui incorre lo Stato italiano, non rinvenendosi nella generale limitazione percentualista delle prestazioni subappaltabili una misura idonea ad impedire il rischio di infiltrazioni malavitose nelle commesse pubbliche. E ciò anche alla luce del fatto che il nostro ordinamento interno già prevede numerose misure finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche da parte delle imprese sospettate di far parte del circuito criminoso.
Sulla seconda questione, la Corte UE, ha stabilito altresì che il divieto generale ed astratto ad eseguire nei confronti del subappaltatore un ribasso superiore al 20% rispetto al prezzo di aggiudicazione si pone in netto contrasto con i principi comunitari in materia di accesso alle gare pubbliche da parte delle piccole e medie imprese.
Anche in questo caso, i Giudici Europei censurano l’operato del legislatore italiano il quale, mosso dall’intenzione di tutelare il salario minimo dei lavoratori alle dipendenze del subappaltatore, impone il limite generale del 20% senza permettere alle singole Stazioni Appaltanti di verificarne in concreto la sua effettiva necessità, prescindendo da qualsiasi valutazioni circa il settore economico dell’appalto, i contratti collettivi in essere ed i regolamenti applicabili.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 15 novembre 2019 n. 7846 – Appalti – Sull’iscrizione camerale quale qualificazione strumentale del requisito di esperienza e fatturato di un operatore economico – Con la sentenza in rassegna i Giudici di Palazzo Spada affrontano l’annosa questione dell’iscrizione camerale quale requisito fondamentale di idoneità professionale.
Anteponendolo ai più specifici requisiti di capacità tecnico professionale ed economico – finanziario, il Massimo Consesso riconosce alla certificazione camerale il compito di filtrare l’ingresso in gara dei soli operatori in possesso di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico.
Pertanto, quando il bando richiede il possesso di una determinata iscrizione nel certificato camerale, quest’ultima va intesa in senso strumentale e funzionale all’accertamento del possesso effettivo del requisito soggettivo di esperienza e fatturato, costituente il requisito di interesse sostanziale della stazione appaltante.
Tar Marche, Ancona, Sez. I – sentenza del 18 novembre 2019 n. 70 – Appalti – Sulla mancata allegazione del DGUE del progettista incaricato alla progettazione – I Giudici marchigiani tracciano i limiti entro cui è legittima l’attivazione del soccorso istruttorio in caso di mancata allegazione del DGUE relativo al soggetto incaricato della progettazione.
Secondo il Collegio tale assenza può essere sanata quando l’operatore economico in gara abbia presentato il DGUE a proprio nome, indicando il nominativo del soggetto qualificato ad eseguire la progettazione e menzionando il relativo DGUE, poi omettendo però la sua allegazione.
In buona sostanza, ritiene il TAR che l’aver indicato espressamente il soggetto responsabile (il progettista) della documentazione da allegare e l’allegato omesso (il DGUE) rende l’irregolarità sanabile, in quanto è stata omessa la produzione di un documento identificato nel suo contenuto e nel suo titolare.
Tar Marche, Ancona, Sez. I – sentenza del 18 novembre 2019 n. 704 – Appalti – Sull’illegittima richiesta da parte della stazione appaltante di un ulteriore requisito di partecipazione – I Giudici hanno dichiarato illegittima la clausola del bando che limita la partecipazione alla gara per l’affidamento del servizio triennale di assistenza tecnica per la gestione faunistica venatoria ai soli operatori economici che hanno prestato servizio presso un’Ambito Territoriale di Caccia della Regione.
Trattasi di un requisito estremamente ristrettivo che impedisce la partecipazione alla procedura da parte dei concorrenti che abbiano maturato la propria esperienza in altre Regioni.
Peraltro, nel caso di specie l’ Ambito Territoriale non rende neppure un’idonea motivazione in ordine alle peculiarità della fauna presente nella Regione Marche, che possa giustificare una simile restrizione del principio del favor partecipationis.
Tar Lazio, Roma, Sez. III quater – sentenza del 18 novembre 2019 n. 13237 – Appalti – Sull’obbligo di garantire una maggiore qualificazione della capogruppo di un RTI – I Giudici capitolini hanno stabilito che la mandataria di un RTI deve in ogni caso possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria.
Nel caso di specie la mandante ha dichiarato di possedere una capacità tecnica e professionale in una percentuale maggiore rispetto alla mandataria e che eseguirà il servizio in maniera preponderante rispetto alla mandataria.
Di talchè la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere dalla procedura di affidamento il raggruppamento in quanto la circostanza che la mandataria possegga i requisiti e dichiari di eseguire in misura minoritaria le prestazioni oggetto dell’appalto si pone in insanabile contrasto rispetto a quanto prescritto dall’art. 83 comma 8.
Tar Puglia, Bari, Sez. I – sentenza del 18 novembre 2019 n. 1513 – Appalti – Sull’omessa dichiarazione della revoca di una concessione di finanziamento pubblico – La pronuncia in esame incrementa le casistiche del grave illecito professionale che determinano, in caso di omessa dichiarazione, l’esclusione dalla procedura di gara.
Secondo il TAR barese, infatti, anche l’omessa dichiarazione dell’intervenuta revoca per inadempimento della concessione di un finanziamento pubblico integra fattispecie rilevante ai sensi del comma 5, lett. c dell’art. 80 D.Lgs. n. 50/2016.
Il Collegio ricorda l’orientamento giurisprudenziale comunitario secondo cui spetta in via esclusiva alla Stazione Appaltante valutare l’esclusione dalla gara di un operatore economico; il che si traduce nell’obbligo gravante in capo a questi ultimi di sottoporre preventivamente qualsiasi circostanza suscettibile di essere valutata quale grave illecito professionale, non potendosi di contro ammettere una valutazione autonoma ed auto assolutoria.
Pertanto, aver omesso di dichiarare una revoca di un finanziamento pubblico intervenuto per inadempimento agli obblighi concessori impedisce alla Stazione Appaltante di valutare l’affidabilità del concorrente ed impone la sua esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c).
Tar Lombardia, Brescia, Sez. I – sentenza del 20 novembre 2019 n. 993 – Appalti – Sul principio di rotazione: nel rispetto del principio di concorrenza, non si applica – Il Collegio ritorna sull’annosa questione relativa alla legittima applicazione del principio di rotazione, stabilendo che lo stesso non trova applicazione nel caso in cui la procedura negoziata è svolta con una modalità aperta al mercato.
Nel caso di specie, la Stazione Appaltante ha pubblicato l’avviso di indizione della procedura sul proprio sito istituzionale, senza procedere all’affidamento diretto ovvero senza rivolgere l’apposito invito ad alcuni operatori selezionati discrezionalmente.
L’aver demandato al mercato l’individuazione degli operatori interessati a presentare l’offerta rende la cifra di come la procedura negoziata sia stata esperita garantendo la massima concorrenza e senza tutelare eventuali posizioni di monopolio in capo al gestore uscente.
Pertanto, ad opinione del Collegio, il principio di rotazione non può trovare applicazione nel caso di specie, in quanto esso deve considerarsi servente e strumentale rispetto al principio di concorrenza su cui è imperniato tutto il sistema degli appalti ed opera, dunque, soltanto nel caso in cui l’Amministrazione abbia selezionato o comunque limitato il numero degli operatori cui attingere.
Tar Toscana, Firenze, Sez. III – sentenza del 28 novembre 2019 n. 1630 – Edilizia & Urbanistica – Sull’obbligo per il Comune di pronunciarsi sulle istanze di repressione di abusi edilizi – Sussiste l’obbligo del Comune di pronunciarsi sull’istanza con cui il privato chiede di accertare o sanzionare l’esistenza di opere che potrebbero concretare un illecito edilizio.
Secondo il Collegio Toscano, infatti, il proprietario di un’area, sulla cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può pretendere, se non vengono adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi le ragioni.
Con la conseguenza che il silenzio serbato dall’Amministrazione comunale sulla istanza-diffida integra gli estremi del silenzio-rifiuto sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente.
Tar Abruzzo, Pescara, Sez. I – sentenza del 28 novembre 2019 n. 290 – Enti Locali – Sulla legittimità delle ordinanze contingibili ed urgenti ex art. 50 e 54 D.Lgs. n. 267/2000 – Secondo il TAR Abruzzese, la possibilità di ricorrere allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. è legata alla sussistenza di un pericolo concreto, che imponga al Sindaco, quale Ufficiale di Governo, di provvedere in via d’urgenza per fronteggiare emergenze sanitarie o porre rimedio a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
Siffatti situazioni di natura eccezionale devono tuttavia essere accertate in concreto dall’Amministrazione, previa attività di verifica e di indagine accurata.
Deve dunque ritenersi illegittima l’ordinanza c.d. extra ordinem pronunciata dal Sindaco in mancanza di un’adeguata istruttoria che evidenzi l’effettiva esistenza di immissioni di polveri d’amianto suscettibili di arrecare nocumento alla pubblica incolumità.
Tale omissione fa venir meno la necessità di contrastare una situazione di pericolo imminente ed imprevisto, con lo strumento straordinario di cui agli artt. 50 e 54 TUEL.