IN EVIDENZA
Corte di Giustizia U.E., Sez. V – sentenza del 26 settembre 2019 causa C-63/18 – Appalti – Sui limiti quantitativi al subappalto – Nella sentenza in rassegna i giudici UE hanno valutato la conformità al diritto comunitario della normativa nazionale italiana che limita al 30% la parte dell’appalto che può essere oggetto di subappalto. La CGUE ritiene che il suddetto limite, inserito dal legislatore italiano e non previsto dal diritto UE, non può essere giustificato in ragione della peculiarità italiana per cui il subappalto ha da sempre costituito una delle maggiori vie per le infiltrazioni della criminalità organizzata. Infatti, la limitazione di tipo quantitativo, oltre a non apparire idonea a fronteggiare il problema – rispetto al quale sarebbe preferibile aumentare il controllo sui requisiti e l’identità dei subappaltatori -, rende anche più difficoltoso l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici. Pertanto, la Corte UE ritiene non conforme alla direttiva in materia di contratti pubblici una normativa nazionale come quella italiana che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CIVILE E CONTABILE
Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza del 20 settembre 2019 n. 23541 – Appalti – Sulla giurisdizione in materia di contratti della P.A – Secondo le Sezioni unite sono devolute alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto l’affidamento del servizio di vigilanza armata, nel caso in cui la società committente, pur essendosi vincolata all’osservanza delle norme di cui al D.Lgs. n. 50/2016, non rientra tra i soggetti ricompresi nel novero delle Stazioni Appaltanti ex 3, comma primo, lett. a) del d.lgs. n. 50 cit.. Infatti l’assoggettamento delle procedure di affidamento d’appalto alle procedure di evidenza pubblica, dipende esclusivamente dalle caratteristiche oggettive dell’appalto nonché da quelle soggettive della stazione appaltante. Nel caso di specie, mancavano proprio i requisiti soggettivi della committente, presupposto indispensabile per la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
Consiglio di Stato, Sez. III – sentenza del 18 settembre 2019 n. 6234 – Appalti – Sull’esclusione in caso di gravi illeciti professionali – I Giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che, affinché possa ritenersi integrata la causa di esclusione circa la colpevolezza di gravi illeciti professionali dell’operatore economico, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, non basta l’omessa dichiarazione. Nel caso di specie, il giudizio circa la dubbia integrità professionale dell’operatore economico risultava pendente, pertanto, in ragione di tale indefinibilità del giudizio, l’obbligo dichiarativo in capo all’operatore economico non sussiste. È necessario che le informazioni di cui si lamenta la mancata segnalazione, tale da ritenersi integrata la causa di esclusione, risultino comunque dal Casellario informatico dell’ANAC. In mancanza di una tale dichiarazione esplicita, l’applicazione di una sanzione automaticamente espulsiva risulta sproporzionata e lesiva del legittimo affidamento.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 20 settembre 2019 n.6251 – Appalti – Sulla decorrenza del termine per impugnare il provvedimento di aggiudicazione – I Giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione conclusivo di una procedura di appalto decorre dal momento in cui il concorrente abbia acquisito “piena conoscenza” dell’aggiudicazione stessa. In altri termini, decorre dal momento in cui il soggetto ha potuto prendere atto del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività. Pertanto, in caso di mancata comunicazione dell’aggiudicazione, le altre forme di pubblicità legali, non sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 25 settembre 2019 n.6431 – Appalti – Sul certificato camerale quale requisito di idoneità professionale – Il Consiglio di Stato torna ad occuparsi dell’iscrizione camerale quale requisito di idoneità professionale, attribuendogli nuovamente un ruolo preminente anche rispetto ai requisiti attestanti la capacità tecnico – professionale ed economico-finanziario. Segnatamente, nel caso di specie, il Massimo Consesso ha chiarito che la congruenza contenutistica tra l’iscrizione camerale e l’oggetto dell’appalto deve essere verificata non in maniera atomistica o parcellizzata, ma deve avvenire complessivamente, confrontando tutte le risultanze descrittive del certificato camerale e l’oggetto del contratto di appalto. In tale ottica, i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto illegittima l’esclusione di un operatore economico da una gara per l’affidamento del servizio di “refezione scolastica” per carenza di idoneità professionale, atteso che dalla visura camerale della stessa società, l’attività “mense” è indicata quale attività prevalente.
Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza del 27 settembre 2019 n.6490 – Appalti – Sull’esclusione in caso di irregolarità fiscale –
I Giudici hanno stabilito che non comporta esclusione una precedente espulsione da una gara per irregolarità fiscale, fatta salva l’ipotesi in cui perduri, al momento della procedura in corso, la circostanza escludente. Nel caso in esame l’operatore economico, espulso da un’altra gara pubblica per irregolarità fiscale, ha partecipato ad una diversa procedura omettendo di dichiarare la precedente esclusione. Quest’ultimo, è stato pertanto illegittimamente escluso, non potendo assumere rilievo, quale grave illecito professionale, la falsa e/o omissiva dichiarazione nell’ambito di una precedente gara, configurabile quale illecito professionale, posto che, diversamente opinando, si realizzerebbe un’indefinita protrazione di efficacia “a strascico”, delle violazioni relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse. La Corte ha ribadito tuttavia la necessità che le informazioni circa tali illeciti, risultino comunque iscritte nel casellario informatico dell’ANAC (a meno che non persista la causa di esclusione).
Tar Veneto, Venezia, Sez. I – sentenza del 23 settembre 2019 n. 1021 – Appalti – Sul principio di rotazione – Nella pronuncia in esame il Tar Veneto stabilisce che il principio di rotazione non si applica laddove la stazione appaltante non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione ed il nuovo affidamento avvenga tramite procedure aperte al mercato. Nel caso in esame infatti, i Giudici hanno ritenuto infondata e, conseguentemente non lesiva della lex specialis di gara, la censura relativa alla violazione del principio di rotazione. Ed invero, la stazione appaltante ha correttamente ammesso l’operatore economico a presentare un’offerta, dando possibilità a chiunque di candidarsi senza determinare limitazioni in ordine al numero di ammessi alla procedura, ha per ciò stesso rispettato il principio di rotazione che non significa escludere chi abbia in precedenza lavorato correttamente con un’Amministrazione, ma significa semplicemente non favorirlo.
Tar Trentino Alto Adige, Bolzano – sentenza del 25 settembre 2019 n. 218 – Appalti – Sulla giurisdizione in materia di revisione prezzi – Nella sentenza in rassegna il Collegio ha inquadrato l’ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di revisione dei prezzi, superando quindi, il tradizionale orientamento interpretativo secondo cui al giudice amministrativo spettavano le sole controversie relative all’individuazione della pretesa (cosiddetto an) ed al giudice ordinario, competevano le questioni inerenti alla quantificazione del compenso. Nel caso che ci occupa, il Collegio Trentino ha chiarito che, con riguardo alla revisione del prezzo degli appalti di opere pubbliche, la posizione dell’appaltatore – di norma tutelabile dinanzi al giudice amministrativo – acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, solo quando è espressamente previsto in una clausola contrattuale. Conseguentemente, se non espressamente specificato, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia in tema di modifiche o deroghe al prezzo chiuso nei contratti di appalti pubblici, analogamente a quelle, contigue, sulla revisione del prezzo, cioè concernente anche il cosiddetto quantum.
Corte dei Conti, Puglia – deliberazione del 24 settembre 2019 n. 83 – Servizi di interesse generale & Organismi partecipati – Sul divieto di indebitamento per accordi transattivi – I Giudici contabili hanno stabilito che le spese per far fronte a eventuali accordi transattivi non sono qualificabili come spese di investimento. Nel caso in esame infatti, l’Amministrazione ha richiesto un parere alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, circa la possibilità di ricorrere all’indebitamento per coprire le spese derivanti da accordi transattivi. Tale richiesta sarebbe stata finalizzata a porre fine a contenziosi processuali, derivanti da condotte illecite commesse dall’Ente locale, da cui scaturiscono obblighi di risarcimento del danno. La Corte fa espresso riferimento al generale divieto per l’Amministrazione di indebitamento per finalità diverse dagli investimenti, in quanto, destinazioni diverse dall’investimento, finiscono inevitabilmente per depauperare il patrimonio dell’ente pubblico che ricorre al credito.
Corte dei conti, Sez. giurisdizionale per la Regione Umbria – sentenza del 25 settembre 2019 n. 67 – Responsabilità amministrativa e contabile – Sugli elementi strutturali dell’illecito contabile – I Giudici si sono pronunciati sull’illecito contabile, stabilendo che per essere quest’ultimo legittimamente imputabile, si devono configurare gli elementi del dolo o colpa grave. La mera colpa lieve invece non produce conseguenze dal punto di vista contabile. Il dolo consiste nella consapevole intenzione di arrecare un comportamento produttivo dell’evento lesivo, vale a dire della consapevole volontà di arrecare un danno ingiusto all’Amministrazione. La colpa grave invece consiste nell’errore professionale inescusabile dipendente da una violazione di legge, in senso ampio (c.d. colpa generica), ovvero fondata su imperizia, negligenza e imprudenza (c.d. colpa generica), dovendo la stessa sempre essere riferibile alle specifiche mansioni e poteri, non potendo, invece, essere dedotta dalla mera posizione di vertice, a meno che questa non implichi la necessità di adottare atti specifici, puntualmente indicati dalla Procura regionale. Il danno alla finanza pubblica costituisce al contempo elemento strutturale dell’illecito contabile e presupposto della giurisdizione contabile. Pertanto, l’onere della prova di tutti gli elementi oggettivi (condotta, nesso di causalità e danno) e soggettivi (dolo o colpa grave) è a carico della Procura regionale attrice
Corte dei Conti, Sardegna – deliberazione del 24 settembre 2019 n. 58 – Enti Locali – Sull’indennità di funzione degli amministratori locali – I magistrati contabili della Sardegna hanno statuito che l’indennità di funzione percepita dagli amministratori locali, liquidabili al Sindaco e agli Assessori Comunali, è già comprensiva di tutte le spese sostenute nell’esercizio del mandato elettorale. Nel caso di specie il Sindaco ha richiesto un rimborso forfettario delle spese sostenute nell’esercizio del mandato elettorale. La Corte ha stabilito che tali spese, sebbene aggiuntive rispetto all’indennità di funzione, rientrano in quest’ultima se strettamente “connesse” all’esercizio delle funzioni elettive. È importante cioè che tale spesa, corrisposta agli amministratori locali in misura forfettaria, non superi i tetti massimi ammissibili previsti dalla legge, nel rispetto del criterio di ragionevolezza delle spese. Il fine è evidentemente quello di evitare l’introduzione di incrementi fittizi, tali da disperdere le pubbliche risorse.
Corte dei conti, Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia – deliberazione del 18 settembre 2019 n. 22 – Enti Pubblici – Sulla natura della Fondazione di partecipazione e i presupposti per la sua costituzione – I Giudici contabili, conformandosi a consolidata giurisprudenza hanno stabilito che l’Ente locale il quale vuole costituire una Fondazione di partecipazione, deve adottare alcune cautele relativamente al corretto utilizzo dei fondi pubblici. Com’è noto infatti, le fondazioni, hanno natura privata e sono espressione organizzativa delle libertà sociali, costituendo i cosiddetti corpi intermedi, collocati fra Stato e mercato, che trovano nel principio di sussidiarietà orizzontale, un preciso presidio rispetto all’intervento pubblico. Pertanto, il Comune, in aderenza ai principi di contabilità pubblica, deve verificare che dal finanziamento non risulti un depauperamento del patrimonio comunale in considerazione all’utilità che l’Ente stesso e la collettività ricevono dallo svolgimento dell’attività di promozione e valorizzazione del territorio, verificando altresì che vengano perseguiti obiettivi di promozione economica e sociale a vantaggio dell’intera collettività.